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PROPOLI COMPLEX
Flavonoidi della galangina (Propoli)
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MiX DI ANTIOSSIDANTI
IN fase di registrazione ministeriale
PROPOLI (Flavonoidi della galangina)
La propoli è costituita essenzialmente da una miscela di composti di natura aromatica e fenolica arricchita da numerose sostanze molto eterogenee tra loro (acidi grassi, terpeni, aminoacidi, vitamine, sali minerali ecc.) la cui distribuzione percentuale è molto variabile in funzione delle stagioni, del tipo di vegetazione. Questa notevole diversità della composizione della propoli rappresenta una delle maggiori difficoltà dal punto di vista applicativo poiché‚ rende difficoltosa ogni seria sperimentazione che ovviamente necessita di un prodotto di base il più omogeneo possibile. Per questo motivo i primi ricercatori che analizzarono la propoli si preoccuparono di dividere i principali costituenti della propoli in base alla loro solubilità in alcool etilico ed etere di petrolio impiegati a temperature e concentrazioni differenti.Secondo questa più schematica analisi la propoli risulterebbe costituita essenzialmente da resine, balsami e cere.
LA COMPOSIZIONE DELLA PROPOLI
50-55% di resine e balsami (terpeni, polisaccaridi, acidi uronici,acidi aromatici, aldeidi aromatiche, acidi ed esteri caffeici, ferulicicumarici).- 25-35% di cera (acidi grassi, ossiacidi, lattoni).- 5-10% di sostanze volatili, di cui lo 0,5% di olii essenziali.- 5% di polline, presente per cause accidentali.- 5% circa di materiali organici vari tra cui i più importanti sono i flavonoidi (acido benzoico, ac. caffeico, ac. ferulico, alcool cinnamico, crisina,dimetossifiavoni galangina, isovanilina, isalpina, pinocembrina, pinobanksina, pronostrobina, vanillina, kemferide, etc ... ), minerali (alluminio, calcio, cromo, rame, ferro, manganese, piombo, silice, etc ... ), vitamine dei gruppo B (Bl, B2, B6, PP),vitamina C ed E.
L'estrema variabilità della composizione chimica della propoli si traduce nella pratica comune in una profonda diversità delle sue caratteristiche fisiche: colore, aroma e sapore. A seconda delle fonti di raccolta il colore della propoli varia dal giallo-verde (prevalenza di pini) a rossastro (prevalenza di pioppi) fino a nero (prevalenza di betulle) con tutte le sfumature possibili tra i diversi colori. Cosi anche l'odore intensamente aromatico muta in dipendenza delle sostanze resinose presenti. Lo stesso vale per il suo sapore che dal tipico acre-amaro arriva fino quasi a dolce.La consistenza della propoli dipende invece dalla temperatura ambiente, dura e friabile a freddo la propoli diventa duttile appena la si manipola, e la sua malleabilità aumenta man mano che la temperatura si avvicina ai 30 C. A temperature superiori diventa appiccicosa e viscosa, a 65-70 C fonde.Riscaldata a bagnomaria la propoli si separa in due fasi, in superficie emerge la fase liquido-cerosa mentre sul fondo precipita la fase viscoso-resinosa. La propoli risulta poco solubile in acqua; più efficace (ma siamo ancora lontani dal 1 00%) è la sua solubilità in alcool etilico, propilenglicole e polietiienglicole. Solventi più efficaci sono l'etere, l'acetone, il benzene e la trielina che però a causa della loro tossicità possono essere impiegati unicamente per la determinazione della qualità dei differenti tipi di propoli.Tra i numerosi componenti della propoli il gruppo dei polifenoli o fiavonoidi (flavoni, fiavonoidi e fiavononi) è sicuramente la frazione più interessante e studiata per le sue proprietà.I flavonoidi sono pigmenti vegetali, simili alle antocianine, la cui funzione nelle piante è ancora poco nota ma che con molta probabilità svolgono una duplice azione di protezione e di stimolo di fondamentali funzioni metaboliche come per esempio la respirazione. Di certo i flavoni si trovano in grande quantità sulle gemme delle piante dove esplicano un'efficace azione protettiva contro le avversità parassitarie e i rigori dell'inverno, azione protettiva che è ulteriormente accentuata dal rivestimento resinoso-ceroso delle stesse gemme.La peculiarità della propoli, la cui principale fonte come sappiamo è costituita da materiali resinosi raccolti dalle api sulle gemme, risiede proprio nella grande ricchezza di flavonoidi che assicuranoalla propoli gran parte delle loro proprietà antimicrobiche. Secondo alcuni studiosi sovietici circa un terzo della frazione di propoli solubile in alcool etilico è costituito da composti di natura flavonoide, tra questi è stata identificata la galangina e la pinocembrina dotate di azione batteriostatica e la sakuranetina che presenta attività antifungina.Oltre ai flavonoidi nella propoli si ritrovano altre sostanze di natura aromatica (fenoli, fenolacidi, alcoli e aldeidi con nucleo aromatico, ecc.) che presentano spiccate proprietà antimicrobiche come per esempio l'acido benzoico, e l'acido ferulico che con molta probabilità contribuiscono aviazione batteriostatica e battericida della propoli. Altri composti individuati nella propoli sono alcuni esteri dell'acido caffeico e lo xanterolo, tutti dotati di attività antifungina.In passato la spiccata azione antibatterica e antifungina veniva assegnata a quel 0,5% di oli essenziali presenti nella propoli, ma oggi è stato provato come sono proprio i flavonoidi e in particolarela galangina (di cui è ricca la propoli raccolta nei boschi di latifoglie) e la pinocembrina (presente soprattutto nella propoli proveniente dalle conifere) ad assicurare alla propoli le sue preziose proprietà antimicrobiche.
Le proprietà terapeutiche
E 'un prodotto usato da millenni, dotato di numerose prorietà medicamentose, alcune delle quali riconosciute solo di recente.
Azione antibatterica: è uno dei migliori antibatterici naturali, la cui attività è di tipo sia batteriostatico sia battericida. L'azione battericida si osserva a concentrazioni elevate del fitocomplesso, mentre a quelle più basse prevale quella batteriostatica. I germi più sensibili sono: stafilococchi, streptococchi, salmonelle, proteus vulgaris, bacillus subtilis, bacillus alvei, escherichia coli, shigella disenteriae, corynebacterium difteriae, klebsiella ozenae, Moraxella catharralis e in parte i micobatteri. Tale azione è dose dipendente e sembra dovuta all'olio essenziale, agli acidi organici e alle sostanze polifenoliche, ed è importante notare che ciascuno di questi componenti presi isolatamente ha un'azione antibatterica inferiore a quella dell'estratto in toto che li contiene tutti.
La propoli scompagina il citoplasma, la membrana citoplasmatica e inibisce la sintesi proteica, con forte diminuzione della sintesi del DNA. Inoltre inibisce la RNA polimerasi di alcuni batteri, a causa della perdita della sua capacità di legarsi al DNA. E' stato anche dimostrato che la propoli inibisce l'attività dell'enzima diidrofolato-reduttasi, essenziale per il metabolismo batterico. E’ stato anche dimostrato su cellule di mucosa buccale umana coltivate in vitro che un estratto secco di propoli titolato al 12% in galangina riduceva del 43% la capacità degli Staphylococcus aureus di aderire alla membrana cellulare e quindi di infettare le cellule suddette, già a dosi basse e pari al 50% della MIC per questi germi.
Su alcuni germi gram + disturba fortemente lo stato bioenergetico della membrana cellulare e inibisce nettamente la motilità dei germi suddetti, facilitando l'azione battericida di molti antibiotici. Questa sostanza sembra anche in grado di proteggere contro alcuni germi gram - quali Klebsiella pneumoniae, Proteus vulgaris, Escherichia coli e Pseudomonas aeruginosa, ma non li distrugge.
Prelievi di saliva effettuati su volontari sani senza patologie dentarie rilevanti hanno dimostrato un calo significativo della popolazione di Streptococcus mutans dopo 60 minuti di incubazione del materiale salivare con una soluzione idroalcoolica dI propoli. L'attività su questo germe è tanto maggiore quanto maggiore è il contenuto di galangina e di pinocembrina nella propoli utilizzata. Le più attive in questo senso sono le soluzioni idroalcooliche e propilenglicoliche, mentre quelle gliceriche sono meno efficaci. Uno studio in vitro ha esaminato l’azione dell’estratto idroalcoolico di propoli su molti germi sia gram – sia gram +. Si è visto che la propoli aveva azione battericida sulla maggior parte dei gram + testati, con MIC che andavano da 0,65 a 7,81 mg/ml. Tra i flavonoidi della propoli la galangina era quello con la maggiore attività antibatterica. Infatti le MIC della galangina erano assai inferiori a quelle della propoli e comprese tra 0,16 e 0,44 mg/ml. La galangina era attiva anche contro la Pseudomonas aeruginosa, con MIC di 0,17 mg/ml (39).
Uno studio in vitro ha esaminato l’effetto della galangina sulla membrana cellulare dello Staphylococcus aureus, paragonato a quelli della novobiocina e della penicillina G. Si è visto che le MIC di queste 3 sostanze erano rispettivamente di 50, 62,5 e 31,3 mug/ml e che la galangina causava una forte perdita di potassio attraverso la membrana cellulare, mentre la penicillina G una perdita minore e la novobiocina nessuna perdita di questo ione. Lo studio conferma che il danno alla membrana cellulare confermato dalla perdita di potassio è importante per spiegare l’azione della galangina contro lo Staphylococcus aureus (40).
Uno studio in vitro in vivo ha esaminato l’effetto di un estratto etanolico di propoli e della sua frazione esanica purificata sul biofilm dello Streptococcus mutans e dello Streptococcus sobrinus e sullo sviluppo della carie dentaria nel ratto. Gli animali ricevevano la propoli per via topica due volte al giorno per 5 settimane, durante le quali tenevano una dieta cariogenica. Pre terapia e al termine della stessa si esaminava la carica batterica dentale e il numero e l’estensione delle carie. Si è visto che entrambi gli estratti di propoli utilizzati riducevano la produzione di acidi da parte dei biofilm degli streptococchi e inibivano l’attività della F-ATPasi del 60-65%. Entrambi gli estratti riducevano il numero di carie e la loro estensione in vivo, ma solo la frazione esanica purificata era capace di ridurre l’incidenza e la severità delle carie della superficie solcale in modo significativo (p<0,05). Lo studio conferma l’azione anticariogenica della propoli e in particolare della sua frazione esanica (43).Uno studio in vitro ha esaminato l’effetto di un estratto idroalcoolico di propoli bulgara su 94 ceppi di batteri anaerobi. Si è visto che solo il 15% dei Clostridi, il 3,3% degli anaerobi gram + e il 9,1% degli anaerobi gram negativi erano resistenti alla propoli alla concentrazione di 30 muL. L’estratto idroalcoolico di propoli era significativamente più attivo dell’alcool da solo (p<0,001). Alla concentrazione di 30 muL l’alone medio di inibizione delle colonie dei Clostridi era di 11,5, quello delle colonie dei gram + anaerobi di 13,1 e quello delle colonie dei gram – anaerobi di 11,3 mm, mentre alla concentrazione di 90 muL i valori erano rispettivamente di 16, 18.1 and 15.4mm. Per i gram + anaerobi l’alone di inibizione medio era superiore a 15 mm per il 32% di questi ceppi alla concentrazione di 30 muL, mentre per i gram – anaerobi era superiore a 15 mm nel 13,6% dei ceppi sempre alla stessa concentrazione. I dischetti di propoli umidificati avevano un’azione inibitoria maggiore di quelli secchi. Lo studio indica che la propoli bulgara è attiva contro la maggior parte dei germi anaerobi studiati, in particolare contro quelli dei ceppi Clostridium e Bacteroides (46).Uno studio in vitro ha esaminato l’effetto della propoli actichelata e di un estratto idroalcoolico tradizionale di propoli su una serie di ceppi batterici valutando le MIC e le MBC di una serie di ceppi batterici (Staphylococcus aureus, Streptococcus pyogenes, Haemophilus influenzae, Enterococcus spp., Escherichia coli, Proteus mirabilis e Pseudomonas aeruginosa). Si è notato che le MIC della propoli actichelata erano comprese tra 0,016 e 4 mg/ml e quelle della propoli idroalcoolica tra 0,08 e 21,4 mg/ml. E’ stato anche testato l’effetto delle due propoli su vari tipi di virus (adenovirus, influenza virus, parainfluenza virus e herpes virus type 1), mostrando che la propoli actichelata era su di essi circa 10 volte più attiva di quella tradizionale. Inoltre la propoli actichelata a concentrazioni di ¼ della MIC riduceva significativamente il numero di batteri adesi alle cellule della mucosa buccale. Lo studio indica che la propoli actichelata è più attiva di quella tradizionale sia sui batteri sia sui virus (54).Uno studio in vitro ha valutato l’effetto della galangina sullo Staphylococcus aureus. Si è visto che una concentrazione di 50 microg/ml di galangina riduceva le colonie di questo germe di 5 x 10(7) CFU ml(-1) dopo 1 ora di incubazione. Inoltre i batteri esposti alla galangina mostravano la tendenza ad aggregarsi a grappoli, il che indica un danno alla loro membrana citoplasmatica. Lo studio indica che la galangina è attiva sullo Staphylococcus aureus e ne causa l’aggregazione danneggiando la sua membrana cellulare (55).Non sembra possedere alcuna azione antibatterica a livello delle vie urogenitali.
Studi clinici.Uno studio clinico ha investigato l’azione antibatterica della propoli sui batteri presenti nel cavo orale. Sono stati arruolati 10 volontari, che assumevano 1 goccia/kg/die di soluzione idroalcoolica di propoli per 2 settimane, con valutazione della popolazione buccale di Streptococcus mutans. Si è visto che la propoli riduceva in modo significativo il numero dei germi suddetti nella saliva. Prelievi di saliva ottenuti dai partecipanti allo studio confermavano l’azione antibatterica della propoli, che danneggiava in modo evidente le cellule batteriche esaminate (16B).Uno studio clinico ha valutato l’effetto di una soluzione al 5% di propoli nella vaginite ricorrente. Sono state arruolate 54 donne che avevano subito in precedenza almeno un ciclo di antibioticoterapia per vaginite ricorrente, che dovevano applicare la soluzione di propoli mattino e sera per 14 giorni. Si valutavano il secreto vaginale e la sintomatologia pre e post trattamento. Si è notato che il secreto vaginale di 41 donne (75,9%) era significativamente migliorato, mentre un significativo miglioramento dei sintomi si osservava in 47 donne (87%). Il miglioramento di entrambi i parametri suddetti si notava in 36 donne (66,7%). A distanza di 3 mesi dal trattamento 33 donne (61,1%) erano soddisfatte e non avevano più avuto recidive. Lo studio indica che una soluzione al 5% di propoli è efficace nelle infezioni vaginali croniche (41).La stomatite aftosa ricorrente consiste nella presenza di ulcere multiple dolenti nel cavo orale ed è di eziologia sconosciuta. Questo studio clinico controllato ha valutato l’effetto di un estratto secco idroalcoolico di propoli su questa malattia. I pazienti arruolati dovevano assumere quotidianamente 500 mg/die di estratto (titolo in galangina 12%) o un placebo per 2 settimane, valutando il numero e l’estensione delle ulcerazioni e il grado di soddisfazione dei pazienti pre e post terapia. Si è visto che nel gruppo propoli vi era una significativa riduzione (p<0,04) sia del numero sia dell’estensione delle lesioni e anche dei sintomi accusati dai pazienti (p<0,03). Lo studio indica che un estratto secco idroalcoolico di propoli può essere utile per alleviare i disturbi di pazienti affetti da stomatite aftosa ricorrente (50).La stomatite da dentiera rappresenta una flogosi cronica, legata spesso a infezioni micotiche. In questo studio è stato valutato l’effetto di un gel contenente propoli brasiliana in pazienti con stomatite da dentiera. Sono stati arruolati 30 pazienti, che venivano trattati localmente con il Daktarin gel a base di miconazolo o con il gel di propoli suddetto per 2 settimane. Si è visto che tutti i pazienti trattati avevano, al termine dello studio, una guarigione completa. Lo studio indica che il gel alla propoli qui usato era simile come efficacia al Daktarin nel trattamento della stomatite da dentiera (62).
Azione antivirale: alcuni studi indicano che il propoli ha una valida azione su molti ceppi di virus, tra cui molti ceppi di influenzali e parainfluenzali, di rhinovirus e dell'herpes, che non sarebbe dovuta ad un aumento della sintesi di interferone bensì alla limitazione dell'aggancio e della penetrazione del virus nelle cellule per interferenza della droga con le neuraminidasi virali. Uno studio in vitro e in vivo ha valutato l’effetto della propoli contro il virus dell’herpes simplex. In vitro si mettevano cellule tipo Vero a contatto con virus dell’herpes simplex, mentre in vivo si infettavano con questo stesso virus dei giovani ratti. Si è visto che, in vitro, l’estratto di propoli riduceva del 50% l’infezione delle cellule Vero, probabilmente per un’interferenza nel legame tra il virus stesso e la membrana cellulare. Questo effetto era evidente sia quando l’estratto di propoli era messo a contatto con le cellule prima del virus sia quando veniva aggiunto nel medium assieme al virus. In vivo l’aggiunta della propoli prima o anche in concomitanza col virus preveniva le infezioni da Herpes simplex in circa l’80% degli animali, senza provocare alcun effetto citotossico. Quest'ultima azione sembrerebbe dovuta soprattutto ai flavonoidi, ma anche l'acido caffeico e i suoi esteri, in particolare il CAPE, sembrano essere attivi, come pure l'olio essenziale. Uno studio in vitro ha esaminato l’effetto di una soluzione idroalcoolica di propoli su 15 ceppi di lieviti paragonato a quello dell’itraconazolo. Si è visto che la MIC media per i lieviti esaminati della propoli era inferiore a 0,06, mentre quella dell’itraconazolo era inferiore a 0,35 e che il 75% dei lieviti testati erano altamente sensibili alla propoli e all’itraconazolo. Lo studio indica che la propoli idroalcoolica e l’itraconazolo sono entrambi molto efficaci contro svariati ceppi di lieviti prelevati da pazienti con micosi superficiali (47).
Studi clinici. E' stato fatto uno studio clinico in doppio cieco su 90 pazienti affetti da herpes simplex genitalis, paragonando un unguento alla propoli al placebo e all'aciclovir. I pazienti ricevevano uno dei tre rimedi per 10 giorni da applicare 4 volte al giorno, valutando il numero delle lesioni, la loro estensione e la sintomatologia da esse causata. Nelle donne con herpes vaginale o della cervice il rimedio era applicato tramite tampone vaginale sempre per 10 giorni. Al termine della sperimentazione 24 pazienti del gruppo propoli erano guariti, mentre nel gruppo aciclovir e in quello placebo i pazienti guariti erano rispettivamente 14 e 12. Al terzo giorno 15 pazienti del gruppo propoli avevano già le lesioni in fase crostosa, mentre nei gruppi aciclovir e placebo ciò si verificava rispettivamente in 8 e in 1 paziente. Il 66% delle donne trattate aveva anche una superinfezione vaginale di tipo batterico concomitante alla virosi, che non è stata influenzata dal placebo e dall'aciclovir, mentre la propoli ha provocato la sua scomparsa nel 55% delle donne trattate con essa. Questo studio conferma che un unguento alla propoli è più efficace sia del placebo sia dell'aciclovir contro le infezioni da Herpes genitalis e le infezioni batteriche concomitanti (25).
Azione antimicotica: il propoli è attivo su molti funghi che interessano lo strato superficiale della cute, in particolare dei generi Candida, Torulopsis, Trichosporum, Epidermophyton e Tricophyton, mentre è poco efficace su quelli che si localizzano in profondità. Tale azione è di tipo essenzialmente micostatico, e sembra dovuta sia ai polifenoli sia ai derivati dell'acido cinnamico sia all'olio essenziale. Pare dovuta sia al potenziamento delle difese immunitarie indotto dalla propoli sia ad un’azione sulle cellule micetiche simile a quella esercitata sulle cellule batteriche e descritta in precedenza.Uno studio in vitro ha valutato la suscettibilità ad un estratto etanolico di propoli di ceppi di Candida albicans ottenuti da soggetti HIV positivi. Veniva anche fatto il confronto tra la propoli e la nistatina, il clotrimazolo, l’econazolo e il fluconazolo. Si è visto che gli aloni di inibizione in vitro erano analoghi nel caso propoli versus nistatina, mentre gli altri antimicotici avevano una potenza moderatamente maggiore. Questi dati indicano che la propoli può essere utile in pazienti con infezioni da Candida.
Azione anestetica locale: è di buona entità, paragonabile a quella indotta dalla novocaina, e sembra dovuta a principi attivi contenuti nella parte balsamica. Questa droga inibisce l'edema indotto dalla formalina o dalla capsaicina nella zampa del ratto se somministrata per via orale alla dose di 25 mg/kg 1 ora prima dell'iniezione della sostanza flogogena. In queste condizioni sperimentali inibisce anche l'iperalgesia indotta dalla somministrazione intraplantare di bradichinina. Pare che la soluzione idroalcoolica di propoli sia attiva contro il dolore di origine chimica ma non contro quello di origine termica e che tale azione antidolorifica non sia collegata all'attivazione del sistema oppioide e/o alla liberazione di sostanze opiodi.L'effetto analgesico della soluzione idroalcoolica di propoli alla dose di 50 mg/kg/die nel tail flick test è simile a quello del prednisolone alla dose di 2,5 mg/kg/die o dell'acido acetilsalicilico alla dose di 100 mg/kg/die.
Azione immunostimolante: pare che il propoli abbia una valida azione antiflogistica e sia in grado di aumentare la resistenza dell'organismo contro virus e batteri, forse stimolando la sintesi anticorpale e l'attività dei globuli bianchi. Infatti è stato notato un aumento del numero dei granulociti neutrofili, dei macrofagi e della loro attività, sia in vitro sia in vivo. Sicuramente rilevanti a tal fine sono i bioflavonoidi e la vitamina C presenti in questa sostanza, oltre all'acido caffeico e ai suoi esteri, in particolare il CAPE. Uno studio nel ratto ha indagato l’effetto immunostimolante della propoli, data agli animali a dosi di 0, 5, 10 e 20 mg/kg/die per 14 giorni. La valutazione era fatta misurando il peso degli organi immunocompetenti, la blastogenesi dei linfociti, il dosaggio delle cellule formanti placca, le subpopolazioni dei linfociti e la produzione di citochine. Si è notato che il CAPE riduceva il peso del timo e della milza e anche la loro cellularità, ma non aveva effetto sulla proliferazione dei linfociti B. Peraltro esso aumentava la blastogenesi dei linfociti T stimolata dalla concanavalina alla dose di 20 mg/kg/die. Le subpopolazioni linfocitarie T e B non erano influenzate dal CAPE, ma esso aumentava le subpopolazioni di tipo CD4(+)T. Le risposte anticorpali agli antigeni dipendenti dai linfociti T erano aumentate dal CAPE a partire dalla concentrazione di 10 mg/kg/die, così come la produzione delle citochine interleuchina 2, interleuchina 4 e interferone gamma, ma solo alla concentrazione di 20 mg/kg/die. Lo studio indica che il CAPE può avere azione immunostimolante nel ratto (35).Uno studio nel ratto ha esaminato l’azione immunostimolante e protettiva della propoli contro i danni causati dalle radiazioni al sistema immunitario. Per valutare l’azione immunostimolante si misuravano le immunoglobuline IgG e IgM e per indagare quella radioprotettiva il numero e la vitalità dei linfociti T nel sangue periferico. Si è visto che la propoli riduceva la produzione di IgG in modo significativo mentre aumentava quella di IgM e il numero di cellule CD-4 e CD-8 positive. Negli animali irradiati la propoli aumentava in modo drammatico (+80%) il numero di cellule CD-4 ma riduceva quello delle cellule CD-8 positive. La propoli inoltre attivava i macrofagi a produrre interferone gamma con conseguente attivazione dei linfociti T e le citochine rilasciate dai macrofagi nel sangue periferico stimolavano le cellule T a proliferare. Si notava anche un’aumentata proliferazione di cellule T citotossiche e di cellule T suppressor, il che conferma che la propoli attiva le risposte immunitarie nel ratto (42).Uno studio nel ratto ha valutato la capacità di un estratto idroalcoolico di propoli di coadiuvare un vaccino a base di Herpesvirus tipo 1 (SuHV-1). Gli animali erano inoculati con il vaccino più alluminio idrossido e con 5 mg di propoli oppure col vaccino da solo, misurando i livelli di anticorpi specifici pre e post trattamento. Si è visto che i ratti trattati col vaccino + l’estratto di propoli mostravano un significativo incremento dei livelli anticorpali e di interferone gamma rispetto a quelli che ricevevano il vaccino da solo, indicando che l’estratto idroalcoolico di propoli può essere utile per migliorare l’effetto del vaccino suddetto grazie alla sua azione immunostimolante (48).
Studi clinici.E' stato fatto uno studio su 440 bambini di età compresa tra gli 8 e i 10 anni abitanti in regioni con forte inquinamento industriale, che avevano un'elevatissima incidenza di malattie infettive delle prime vie aeree con notevole aumento della ferritina e della transferrina. Il trattamento con soluzione idroalcoolica di propoli ha ridotto significativamente i livelli plasmatici di queste proteine e ha diminuto notevolmente sia l'incidenza sia la gravità delle malattie infettive delle prime vie aeree (16). Uno studio clinico in aperto ha valutato l’effetto della propoli sui livelli di citochine. Sono stati arruolati 10 volontari sani, di età compresa tra i 18 e i 45 anni, che assumevano per os 500 mg. di estratto secco di propoli al giorno per 2 settimane. Si misuravano i livelli plasmatici delle principali citochine pre e post terapia. Al termine della sperimentazione si è visto che la propoli causava un significativo aumento della produzione leucocitaria di TNF alfa (p<0,05), di interleuchina 6 (p<0,01) e di interleuchina 8 (p<0,02) basali. Tale aumento era ancora più marcato se i leucociti erano stimolati con il lipopolisaccaride. L’aumento del TNF alfa e dell’interleuchina 8 raggiungeva il massimo valore dopo 4 giorni, mentre quello dell’interleuchina 6 dopo 13 giorni. Tale aumento della produzione delle citochine non si accompagnava ad un significativo aumento dei loro livelli plasmatici (21).
Azione antiflogistica. Ha attività anticomplementaria, inibendo l'attività funzionale della subunità C3 del complemento, con inibizione dell'emolisi indotta dal complemento. Inoltre la propoli inibisce la 5 alfa lipo-ossigenasi in modo non competitivo, dose dipendente e reversibile, in particolare in caso di fatti flogistici, con netto calo del rilascio di prostaglandine e leucotrieni da parte dei macrofagi. Sembra anche in grado di ridurre la liberazione di istamina in risposta a stimoli flogogeni. Essa inibisce l'edema indotto nella zampa di ratto dalla carragenina, la permeabilità vascolare causata dall'acido acetico e la formazione del granuloma e dell'essudato nel ratto alla dose di 5 o 10 ml/kg/die per os di soluzione idroalcoolica. Le sostanze maggiormente responsabili paiono essere gli acidi fenolici e i loro esteri, in particolare il CAPE, e i flavonoidi. Si è visto che nel ratto l'artrite da adiuvanti con la conseguente infiammazione cronica viene notevolmente antagonizzata dalla soluzione idroalcoolica di propoli somministrata per os alla dose di 50 mg/kg/die. L’esposizione di cellule macrofagiche umane tipo RAW 264.7 con la propoli riduceva significativamente la produzione di NO e l’espressione della iNOS indotte dal lipopolisaccaride e dall’interferone gamma. Inoltre la propoli inibiva anche l’espressione dell’mRNA iNOS specifico e l’attività del fattore nucleare NF-KappaB in modo dose dipendente. Questi risultati indicano che l’estratto etanolico di propoli può avere azione antiflogistica inibendo l’espressione del gene per la iNOS attraverso un’azione sui siti per l’NF-KappaB nell’iNOS promoter e anche inibendo direttamente l’azione catalitica della iNOS.
Uno studio nel ratto ha valutato l’azione antiflogistica di un unguento contenente il 3 o il 7% di propoli contro l’edema nella zampa dell’animale indotto dalla carragenina. Si è visto che l’unguento al 7% ma non quello al 3% riduceva significativamente l’edema suddetto e ostacolava la chemiotassi leucocitaria verso la zona interessata. Lo studio indica che un unguento contenente il 7% di propoli riduce la flogosi nella zampa del ratto causata dalla carragenina (51).Uno studio nel ratto ha valutato l’azione antiflogistica cutanea di un estratto di propoli actichelata versus una propoli idroglicerica e una propoli idroalcoolica nei confronti dell’edema indotto dall’olio di croton nell’orecchio del ratto. La propoli actichelata alla concentrazione di 13,6 microL/cm2 pari a 13,6 microg di flavonoidi/cm2 era leggermente più attiva della propoli idroglicerica (concentrazione di 13,7 microL/cm2 pari a 20,6 microg di flavonoidi/cm2) e circa 6 volte più attiva della propoli idroalcoolica (5,5 microL/cm2 pari a 82,5 microg di flavonoidi/cm2). Per confronto il prodotto Tantum verde collutorio contenente 37,5 microg di benzidamina e il prodotto Froben contenente 45 microg di flurbiprofene inducevano un’inibizione dell’edema del 18 e del 35% rispettivamente (52).
Azione protettiva contro i danni provocati dai radicali liberi, legata soprattutto ai polifenoli e alle vitamine C ed E. I flavonoidi, e con loro molti fenoli (soprattutto i tocoferoli), reagiscono coi radicali liberi, impedendo così le degradazioni legate alla loro intensa reattività a livello dei fosfolipidi della membrana cellulare. E' importante sottolineare che l'anione radicale superossido sembra essere implicato nella proteolisi non enzimatica del collagene, per cui una sua inibizione protegge efficacemente questa importante sostanza. Si è visto che la produzione di superossidi generati dalla reazione xantina-xantina ossidasi è inibita del 50% dall'aggiunta di 6,5 microgrammi di soluzione idroalcoolica di propoli, mentre l'effetto di scavenging sulla generazione dei radicali alcossilici si è dimostrato simile a quello dell'alfa tocoferolo. Un gruppo di ratti è stato esposto a radiazioni gamma dell'intensità di 6 Gy e riceveva la soluzione idroalcoolica di propoli per via intraperitoneale sia prima sia subito dopo l'irradiazione, mentre un secondo gruppo di animali serviva come controllo. Tutti i ratti di controllo morivano entro 12 settimane, mentre quelli trattati con la propoli sopravvivevano tutti e mostravano che il livello dei leucociti circolanti, dopo un forte calo iniziale, ritornava quasi normale dopo 12 settimane. Gli autori hanno ritenuto che questo effetto fosse dovuto alla spiccata azione antiossidante e radical scavenger della propoli. Un gruppo di ratti era trattato con una dieta povera di vitamina E e riceveva per osun estratto di propoli mescolato al cibo o un placebo per 2 mesi. La valutazione era fatta misurando i livelli tissutali di vitamina C, vitamina E e lipoperossidi pre e post terapia. Tra i due gruppi non vi erano differenze nei livelli tessutali di vitamina E, mentre i livelli di vitamina C negli animali del gruppo propoli erano significativamente più alti nei reni, nello stomaco e nell’intestino. I ratti del gruppo propoli avevano, rispetto a quelli del gruppo placebo, livelli di lipoperossidi nettamente minori a livello renale e intestinale. I risultati dello studio indicano che la propoli esercita la sua azione antiossidante soprattutto nei reni e nell’intestino, dove viene rispettivamente escreta ed assorbita.Uno studio nel ratto ha indagato l’effetto del CAPE sulla nefrotossicità indotta dal cisplatino. La somministrazione di una singola dose di cisplatino provocava un aumento dell’azotemia e della creatinina nel siero e dei livelli di ossido nitrico nei tessuti renali. Il cisplatino causava anche una riduzione dell’attività della catalasi, della SOD e della glutatione perossidasi nei tessuti renali. Il CAPE riduceva in modo evidente questi fenomeni causati dal cisplatino nel rene e mostrava anche una protezione istopatologica contro i danni tessutali da cisplatino quali vacuolizzazione cellulare, desquamazione, necrosi cellulare e danni tubulari. Lo studio afferma che il cisplatino causa importanti danni di tipo ossidativo al rene nel ratto, che possono essere ostacolati dal pretrattamento degli animali col CAPE (36).Uno studio nel ratto ha valutato l’effetto antiossidante del CAPE in animali con encefalomielite autoimmune sperimentale. Si è visto che il CAPE riduceva in modo significativo la produzione di ROS e migliorava la sintomatologia della malattia. Questo suggerisce che il CAPE eserciti la sua azione inibendo la generazione dei ROS a livello trascrizionale attraverso l’inibizione del fattore nucleare NF-KappaB e l’attività catalitica della iNOS (37).Uno studio nel ratto ha indagato l’azione della propoli sulla cheratite acuta provocata dallo Staphylococcus aureus. Gli animali erano divisi in gruppi nel modo seguente: 1) iniezione di Staphylococcus aureus nell’occhio, 2) controlli, 3) iniezione di germi + propoli idroalcoolica, 4) iniezione di germi + ciprofloxacina e 5) iniezione di germi + propoli idroalcoolica + ciprofloxacina. Al termine dello studio gli animali venivano sacrificati e la loro cornea esaminata, esaminando anche il suo contenuto di NO. Si è visto che il contenuto di NO nella cornea dei ratti del gruppo 5 era il più basso, seguito nell’ordine da quello dei gruppi 3, 4 e 1. Il contenuto batterico della cornea dei ratti del gruppo 5 era significativamente più basso (p<0,0001) di quello riscontrato nei gruppi 3 e 4. Le cornee degli animali del gruppo 5 erano anche quelle che avevano il minor numero di cellule infiammatorie infiltrate, seguite da quelle dei ratti dei gruppi 4 e 3. Lo studio conferma che la propoli ha una valida azione antibatterica e antiflogistica a livello oculare sinergica con quella della ciprofloxacina nel ratto (45).
Uno studio nel ratto ha valutato l’effetto del CAPE e della vitamina E sulla sindrome da ischemia-riperfusione a livello della muscolatura scheletrica. A tale scopo si provocava ischemia tramite legatura dell’arteria femorale della durata di 2 ore, seguita da 2 ore di riperfusione. Gli animali ricevevano per via intraperitoneale un placebo o la vitamina E da sola o il CAPE da solo o la combinazione di queste due sostanze di sangue dopo 1 ora dall’inizio dell’ischemia e, al termine della riperfusione, si effettuavano un prelievo di sangue e uno di muscolo gastrocnemio, misurandovi i livelli di malondialdeide, enzimi antiossidanti e di NO. Si è visto che negli animali di controllo l’ischemia/riperfusione causava aumento dei livelli plasmatici e muscolari di malondialdeide, NO ed enzimi antiossidanti, mentre nei ratti trattati tale aumento era assai più sfumato. I migliori risultati si notavano nei ratti trattati con CAPE + vitamina E, nei quali vi era un’aumentata attività della SOD. Lo studio indica che il CAPE ha un’azione antiossidante simile a quella della vitamina E nel modello muscolare di ischemia/riperfusione nel ratto (53).Uno studio nel ratto ha valutato l’azione protettiva di un estratto idroalcoolico di propoli raccolta in Croazia e dei suoi componenti presi singolarmente sui danni da radiazioni ionizzanti di intensità pari a 4 e a 9 Gy. La propoli veniva somministrata per via intraperitoneale alla dose di 100 mg/kg per 3 giorni consecutivi prima dell’irradiazione. Si è visto che la propoli riduceva i danni causati dall’esposizione ai raggi gamma e che anche i flavonoidi in essa contenuti erano decisamente attivi (56).Uno studio nel ratto ha valutato l’azione antiossidante della propoli in animali esposti al danno radicalico provocato dal propetamphos. Gli animali erano divisi in 5 gruppi: gruppo 1 controlli, gruppo 2 propoli da sola alla dose di 100 mg/kg/die, gruppo 3 propetamphos alla dose di 7,5 mg/kg/die, gruppo 4 propetamphos alla dose di 15 mg/kg/die e gruppo 5 propoli alla dose di 100 mg/kg/die + propetamphos alla dose di 15 mg/kg/die. La durata dell’esperimento era di 28 giorni e si misuravano i livelli plasmatici, renali ed epatici di malondialdeide, di enzimi antiossidanti endogeni e di glutatione per ossidasi pre e post trattamento. Si è visto che i livelli di malondialdeide erano significativamente inferiori e quelli degli enzimi antiossidanti endogeni significativamente superiori nei ratti del gruppo 5 rispetto a quelli dei gruppi 3 e 4, il che conferma l’azione antiossidante della propoli (57).
Studi clinici: Uno studio clinico controllato è stato effettuato su 47 soggetti di entrambi i sessi apparentemente sani per valutare l’azione antiossidante di una polvere di propoli somministrata per 30 giorni. Si misuravano i livelli di superossido desmutasi (SOD), catalasi, glutatione per ossidasi, malondialdeide, colesterolo totale, colesterolo LDL, trigliceridi, glicemia, acido urico, ferritina, transferrina e stato ossidativo dei globuli rossi pre e post trattamento. Al termine dello studio si è visto che vi era un calo significativo (p<0,005) nei livelli di malondialdeide, un aumento significativo (p<0,01) in quelli di SOD e un miglioramento dello stato ossidativo dei globuli rossi nei soggetti di sesso maschile ma non in quelli di sesso femminile. Lo studio indica che la propoli può avere un’azione antiossidante nell’uomo ma non nella donna (49).
Indicazioni principali: malattie da raffreddamento delle prime vie aeree, soprattutto come curativo ma in parte anche come preventivo, infezioni del cavo orale, acne giovanile, piccole infezioni cutanee.
Azione prevalente: anti-infettiva.
Altre azioni: immunostimolante, antiflogistica, antiossidante, anestetica locale.
EFFETTI COLLATERALI : Alcuni pazienti riferiscono occasionalmente secchezza delle fauci e disturbi epigastrici di discreta entità, talora associati a diarrea, che peraltro scompaiono prontamente con la sospensione del trattamento. Può anche provocare reazioni allergiche cutanee in soggetti particolarmente predisposti, che regrediscono con la sospensione del trattamento. Uno studio clinico ha valutato l’incidenza delle allergie alla propoli, somministrando a 605 pazienti scelti a caso soluzione idroalcoolica di propoli. Sono state notate reazioni allergiche cutanee in 25 pazienti, cioè il 4,2% del campione. 13 di questi pazienti avevano anche un’allergia cutanea al balsamo del Perù (19B). Due soggetti con allergia cutanea alla propoli sono stati studiati, e si è visto che in uno di essi la dermatite da contatto era dovuta ad un meccanismo di ipersensibilità ritardata, mentre nell’altro la risposta era IgE mediata. Il farnesolo è una sostanza ad azione allergizzante comune in molte fragranze di origine vegetale. Pertanto è stata testata la sensibilità al farnesolo in 1243 femmine e in 778 maschi. Di questi il 22% aveva un’ipersensibilità al farnesolo. 147 (8,1%) erano sensibili al balsamo del Perù, 143 (7,8%) a fragranze miste e 34 (1,9%) erano sensibili alla propoli. I pazienti allergici al farnesolo erano in prevalenza soggetti di sesso femminile, di età giovane e con lavoro di ufficio. Le zone più colpite erano le mani e il volto (38).
CONTROINDICAZIONI: nessuna conosciuta.
INTERAZIONI FARMACOLOGICHE: nessuna conosciuta.
DATI TOSSICOLOGICI: La propoli è un prodotto praticamente atossico, sia somministrata in un'unica dose elevata sia data cronicamente a dosaggi elevati. Dosi di 15g/kg nel cane e nel ratto non hanno dato luogo a reazioni collaterali apprezzabili, neppure se questa dose era somministrata per un periodo di 30 giorni consecutivi.Uno studio in vitro ha esaminato la genotossicità, la mutagenicità e l’antimutagenicità di una propoli argentina proveniente da Tucuman. Si è visto che la citotossicità (LD50) su Artemia salina era di circa 100 microg/ml. Non è stata notata alcuna citotossicità sulla Salmonella typhimurium e sull’Allium cepa a concentrazioni decisamente attive. Tutti i test eseguiti non hanno mostrato alcuna genotossicità o mutagenicità. L’estratto di propoli era capace di inibire la mutagenesi indotta dall’isochinolina e dalla 4-nitro-o-fenilendiamina, con una IC50 di 40 e di 20 microg/piastra rispettivamente. Lo studio indica che la propoli non ha alcuna azione genotossica o mutagena e che anzi possiede un’azione antimutagenica (44).
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Fonte SIMN
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Vaccinium myrtillus (Mirtillo Americano)
PREPARAZIONE FARMACEUTICA CONSIGLIATA:
l'estratto secco nebulizzato e titolato in antocianosidi totali espressi come antocianidine min. 23,8% e max. 26,2% (Farmacopea Italiana - MIRTIMAN CPR). La posologia giornaliera utilizzata negli studi pubblicati in letteratura è di 2-3 mg./kg/die, suddivisa in due o tre somministrazioni preferibilmente lontano dai pasti.
Siccome tali studi sono stati condotti con estratti diversi con titoli diversi, il valore posologico suddetto rappresenta un valore medio indicativo.
COMPOSIZIONE CHIMICA: è una sostanza ricca di antocianine, delle quali almeno sette sono state identificate e sono: cianidina, delfinidina, pelargonidina, malvidina, peonidina, irsutidina e petunidina. Ritroviamo poi dei flavonoidi, degli zuccheri semplici e complessi, degli acidi organici, degli acidi fenolici. Abbondanti sono anche i tannini.
PROPRIETA’ TERAPEUTICHE
Azione antiradicalica:
gli oligomeri inibiscono validamente i radicali idrofilici e lipofilici, essendo in grado di intrappolare tutte le specie radicaliche conosciute in modelli di perossidazione lipidica membranaria. Inoltre essi proteggono le membrane lisosomiali dalla perossidazione lipidica indotta dall'autoossidazione del ferro, sia intrappolando i radicali formatisi sia costituendo dei chelati che rendono il ferro indisponibile alle reazioni di ossidazione. Le procianidine inibiscono in modo non competitivo la xantina-ossidasi, che è il responsabile della formazione dell'anione superossido, con una potenza simile a quella dell'allopurinolo. Studi in vitro effettuati recentemente hanno dimostrato che l'estratto secco di mirtillo alla dose di 15 microgrammi/ml è in grado di ridurre notevolmente, in vitro, l'ossidazione delle LDL indotta dal rame, come risulta dalla spiccata riduzione della formazione di lipoperossidi, di acido tiobarbiturico e di ossisteroli. Tale azione diviene massimale dopo circa 60 minuti e permane su livelli significativi per circa 6 ore, e pare molto importante poiché è ormai ben dimostrata l'importanza dell'ossidazione delle LDL nella genesi dell'aterosclerosi vascolare.Uno studio in vitro ha mostrato che l’azione antiossidante di 100 g. di succo di cranberry contro l’ossidazione delle LDL era analoga a quella di 1 g. di vitamina C o di 3700 mg di vitamina E. Inoltre il cranberry aumentava l’espressione dei recettori epatici per le LDL e incrementava la loro cattura del colesterolo LDL in modo dose dipendente. Lo studio indica che il succo di cranberry ostacola l’ossidazione delle LDL e aumenta la rimozione del colesterolo LDL dal plasma ad opera degli epatociti (39).E’ noto che sia la dopamina sia un suo metabolica ad effetto neurotossico come la 6 OH dopamina possono essere ossidate a formare ROS, che promuovono lo stress ossidativo e sono implicati nei processi neurodegenerativi. Vi sono anche evidenze per una relazione tra il danno ossidativo mediato dalle catecolamine nei neuroni dopaminergici e gli effetti di questi neurotrasmettitori sullo stato riduttivo del citocromo c. Nei neuroni e in altre cellule lo stress ossidativo può essere incrementato da un abnorme rilascio di citocromo c e di altre proteine mitocondriali nel citoplasma, che può esitare in apoptosi cellulare più o meno marcata. La perdita dell’integrità della membrana mitocondriale contribuisce certamente a un aumentato rilascio di citocromo c, i cui livelli citoplasmatici costituiscono un buon indice dell’entità della disfunzione mitocondriale. Si è visto che questi fenomeni ossidativi erano ben antagonizzati dalle antocianidine del mirtillo nero, che li inibiva del 50% alla concentrazione di 7 muM. L’acido ascorbico anche a concentrazioni 4 volte superiori a quelle delle antocianidine suddette aveva un effetto decisamente molto inferiore ad esse. L’effetto antiossidante del mirtillo era direttamente proporzionale al suo contenuto di antocianidine ma non di quercetina o di miricetina. Lo studio indica che le antocianidine del mirtillo nero hanno una notevole azione antineurotossica, decisamente superiore a quella della vitamina C (43).Uno studio in vitro ha esaminato l’azione antiossidante, il potenziale citotossico e le proprietà antiangiogeniche di una combinazione di estratti di mirtillo nero, cranberry, fragola, lampone e ribes detto OptiBerry. La DL50 per os di OptiBerry era superiore a 5 g/kg. Non si osservavano alterazioni negli organi esaminati dopo ingestione cronica del prodotto ad alte dosi nel ratto. OptiBerry era leggermente irritante a livello cutaneo e minimamente irritante a livello oculare e non determinava alcuna modificazione del peso corporeo. Per studiare le proprietà antiossidanti del prodotto si esponevano gli animali all’ossigeno iperbarico a 2 atm per 2 ore. Si è visto che OptiBerry preveniva l’ossidazione del glutatione indotta dall’ossigeno iperbarico nei polmoni e nel fegato di ratti tenuti a dieta povera di vitamina E. Tali effetti erano presenti, anche se più sfumati, nell’intero organismo degli animali (41). Il bromato di potassio (KBrO3) è un agente ossidante che può causare danni renali, grazie alla sua capacità di generare ROS. In questo studio i ratti partecipanti ricevevano per via intraperitoneale il KBrO3 alla dose di 200 mg/kg per indurre danni renali e 5 giorni prima del tossico un estratto secco di mirtillo alle dosi di 50 o 100 o 200 mg/kg. Si è visto che questo estratto ostacolava notevolmente l’aumento di azotemia e di creatinina nel plasma e i livelli di malondialdeide, NO e xantina ossidasi nel rene, dove esercitava anche una significativa azione scavenger sui ROS. Lo studio indica che un estratto secco di mirtillo può avere azione protettiva contro i danni renali causati dal KBrO3 grazie alla sua spiccata azione antiossidante/antiradicalica (52).
Uno studio nel ratto ha testato l’ipotesi che un estratto di mirtillo possa ridurre i danni al DNA e la lipoperossidazione e aumentare gli enzimi detossificanti di fase II. Gli animali tenevano una dieta standard supplementata o meno con l’estratto di mirtillo per 3 settimane. Si misuravano l’attività della glutatione S transferas, della quinone reduttasi e della UDP glucuronosiltransferasi nel fegato e nel colon pre e post trattamento. Si è visto che le attività di questi enzimi non erano significativamente modificate dall’estratto di mirtillo, ma che i danni al DNA erano significativamente ridotti da questo estratto. I livelli urinari di F2 isoprostani, un indice di lipoperossidazione, erano immodificati dall’estratto in questione. Lo studio indica che un estratto di mirtillo non modifica l’attività degli enzimi detossificanti di fase II nel fegato e nel colon ma attenua a questo livello in modo evidente i danni al DNA (58).
Studi clinici:
È stato fatto uno studio su un gruppo di 8 volontari sani, di età compresa tra i 38 e i 54 anni e di entrambi i sessi, per valutare l’effetto dell’estratto di mirtillo sulle difese antiossidanti sieriche postprandiali. I soggetti consumavano per 7 giorni una dieta iperlipidica e, al settimo giorno, si somministrava loro polvere di mirtillo alla dose di 10 g. A partire da 60 minuti dopo tale somministrazione e per le successive 4 ore si prelevava il sangue venoso per la valutazione delle difese antiossidanti plasmatiche totali. Si è visto che il mirtillo incrementava le difese suddette dell’8,5% dopo 1 ora e del 15% dopo 4 ore (27).Uno studio clinico ha valutato l’effetto dell’estratto secco di mirtillo sui livelli plasmatici delle lipoproteine e sull’ossidazione delle LDL. Sono stati arruolati 21 soggetti apparentemente sani, che dovevano bere 7 ml/kg/die di succo di mirtillo per 2 settimane. All’inizio dello studio si è visto che i livelli di LDL ossidate erano significativamente associati con la circonferenza della vita, coi trigliceridi e con l’apolipoproteina B. La somministrazione del succo di mirtillo portava, dopo 2 settimane, ad un calo significativo delle LDL ossidate e au un significativo aumento della capacità antiossidante plasmatica totale. Non si notavano variazioni significative della lipemia o dei markers infiammatori. Lo studio conferma che il succo di mirtillo riduce le LDL ossidate e migliora le difese antiossidanti totali nell’uomo (37).
Uno studio clinico controllato ha valutato l’effetto di un estratto di cranberry sull’assetto lipidico in pazienti affetti da diabete mellito tipo II in terapia con ipoglicemizzanti orali. Sono stati arruolati 30 pazienti (16 maschi e 14 femmine), con età media di 65 anni, che dovevano assumere per os l’estratto di cranberry o un placebo per 3 mesi, misurando l’assetto lipidico, le LDL ossidate, la glicemia, la PCR e l’albuminuria pre e post terapia. Al termine dello studio si è visto che il colesterolo LDL si riduceva significativamente nei pazienti del gruppo verum (p<0,005) rispetto a quelli del gruppo placebo. Anche il colesterolo totale e la ratio colesterolo totale/colesterolo HDL si riducevano in modo statisticamente significativo (p<0,044) rispetto al pretera pia e rispetto ai valori osservati nel gruppo placebo (p<0,001 e p<0,032 rispettivamente). Peraltro l’estratto di cranberry non riduceva i livelli di LDL ossidate e non modificava quelli della glicemia, della HbA1C e della PCR. Lo studio indica che un estratto di cranberry migliora significativamente l’assetto lipidico ma non l’ossidazione delle LDL, la glicemia, la HbA1C e la PCR in pazienti diabetici in terapia con ipoglicemizzanti orali (59).
Azione anti-infettiva urinaria: Recentemente si è scoperto che gli estratti di mirtillo inibiscono l'adesione dei colibacilli alla parete dell'intestino e della vescica, fornendo così una spiegazione al loro uso come antidiarroici e disinfettanti urinari. Uno studio nel ratto ha dimostrato che l'estratto di mirtillo inibisce dell'80% l'adesività dell'Escherichia coli all'epitelio vescicale mediata dalle lectine, in tal caso chiamate adesine. Sembra che anche le proantocianidine siano capaci, in vitro, di inibire l'adesività di ceppi di Escherichia coli P fimbriati a cellule epiteliali vescicali umane. Le proantocianidine più attive in questo senso sembrano essere quelle di tipo A2, che infatti sono maggioritarie nel fitocomplesso mirtillo e circa 4 volte più abbondanti dei monomeri di epicatechina, nettamente meno attivi. Le adesine sono localizzate nelle fimbrie presenti sulla superficie batterica, e sono capaci di aderire a specifici recettori monosaccaridici e/o polisaccaridici situati sulla superficie delle cellule dell'epitelio vescicale. Un altro studio ha dimostrato che il mirtillo non solo è in grado di ridurre l'adesione dei batteri alle cellule vescicali ma è anche capace di provocare il distacco di circa il 70% dei batteri già precedentemente adesi. L'effetto inibente l'adesione batterica espletato da questa droga raggiunge il massimo dopo circa 2 ore dalla sua ingestione per via orale e permane per circa 2 ore. Uno studio in vitro ha esaminato l’effetto del succo di cranberry sull’adesione degli streptococchi presenti nel cavo orale a pezzi di idrossiapatite immersi nella saliva. Si è visto che l’incubazione dei germi col succo di cranberry riduceva in modo significativo la loro adesione e la loro idrofobicità. Inoltre esso riduceva notevolmente la formazione di biofilm da parte degli streptococchi. Questo studio conferma che il succo di cranberry può inibire l’adesione e la colonizzazione dei denti da parte degli streptococchi e quindi ostacolare lo sviluppo della placca dentaria (33).
Uno studio nel ratto ha valutato l’effetto protettivo del cranberry sul danno ossidativo renale indotto dalle infezioni vescicali in animali con reflusso vescica-ureterale divisi in quattro gruppi: 1)controllo, 2)gruppo infettato con Escherichia coli, 3)idem come il 3 ma trattato col cranberry e 4)instillazione intravescicale di Escherichia coli e iniezione intraperitoneale di melatonina. Dopo 3 settimane di trattamento i ratti venivano sacrificati e i loro reni esaminati. Si è notato che i reni dei ratti con infezione urinaria senza cranberry mostravano infiltrazione periglomerulare di cellule della serie bianca, dilatazione tubulare, atrofia tubulare e fibrosi interstiziale, mentre questi aspetti erano assai meno marcati nei reni degli animali dei gruppi 3 e 4. I livelli di malondialdeide nel tessuto renale erano significativamente più bassi nei ratti del gruppo 3 rispetto agli altri. Lo studio indica che il cranberry ha azione antiflogistica a livello renale e può prevenire lo stress ossidativo renale conseguente alle infezioni urinarie (51).
Uno studio in vitro ha esaminato l’effetto della frazione polifenolica del cranberry sulla virulenza e sulla produzione di glucani da parte dello Streptococcus mutans. Si è visto che questa frazione inibiva l’attività della glucosiltransferasi B e C e della F-ATPasi in modo significativo (p<0,05) e riduceva la produzione di acidi da parte dello Streptococcus mutans, senza modificare la vitalità delle cellule batteriche. I composti più importanti per il verificarsi di questa azione erano la quercetina 3 arabinofuranoside, la miricetina e la procianidina A2, specie in combinazione tra loro. Lo studio indica che la frazione polifenolica del cranberry è decisamente attiva contro lo Streptococcus mutans, potendo così ostacolare la formazione della carie dentaria (53).
Studi clinici
È stato fatto uno studio clinico controllato su 153 donne anziane, che erano affette da batteriuria e piuria recidivanti, per valutare l'effetto del succo di mirtillo sulla carica batterica nel tratto urinario. Le pazienti assumevano per os 300 ml. di succo di mirtillo o un placebo analogo per colore e per gusto per un periodo di 6 mesi, con valutazione della batteriuria e della piuria pre terapia e ogni 30 giorni durante il trattamento. I batteri più frequentemente ritrovati erano Escherichia coli (43%), flora mista Escherichia coli + Klebsiella species (22%) e Klebsiella species (7%). La batteriuria con piuria è stata riscontrata nel 28,1% dei prelievi di urina dei soggetti del gruppo placebo e solo nel 15% di quelli del gruppo verum. Inoltre al termine del quarto mese di sperimentazione il 75% dei soggetti del gruppo verum affetti da batteriuria e piuria prima dell'inizio della stessa aveva urine sterili, mentre ciò si verificava solo nel 35% dei soggetti del gruppo placebo. Ancora al termine del quinto mese dello studio il 9% dei pazienti del gruppo verum con urine sterili all'inizio dello stesso aveva batteriuria e piuria, mentre ciò accadeva nel 19% dei pazienti del gruppo placebo. La necessità di effettuare terapia antibiotica è stata riscontrata in 16 pazienti del gruppo placebo e in 8 pazienti del gruppo verum. Non sono state osservate differenza nel pH urinario nei due gruppi. L'effetto anti-infettivo del succo di mirtillo raggiungeva il massimo livello dopo 6-8 settimane, per poi rimanere immodificato (19). Uno studio clinico controllato ha valutato la capacità preventiva del succo di mirtillo nei confronti delle infezioni delle vie urinarie. Sono state arruolate 150 donne con infezioni delle vie urinarie da Escherichia coli, divise a random in tre gruppi. Il primo gruppo riceveva 50 ml/die di succo di mirtillo per 6 mesi, il secondo gruppo 100 ml di una bevanda contenente Lactobacillus GG per 5 giorni alla settimana per un anno e il terzo gruppo un placebo. La valutazione era fatta sul numero di infezioni sintomatiche e sulla presenza nelle urine di carica batterica. Dopo 6 mesi di sperimentazione il 16% delle donne del gruppo 1, il 39% di quelle del gruppo 2 e il 36% di quelle del gruppo 3 avevano avuto almeno un episodio infettivo. Questi dati indicano che le pazienti del gruppo 1 (mirtillo), ma non quelle degli altri due gruppi, avevano una riduzione del 20% nel rischio assoluto di contrarre infezioni delle vie urinarie (24).E’ stato fatto uno studio clinico controllato su 15 pazienti con lesioni del midollo spinale, per verificare l’efficacia dell’estratto di mirtillo sulle infezioni vescicali. Essi erano trattati con un bicchiere di succo di mirtillo per 7 giorni, con campionamento dell’urina per valutare la carica batterica, eseguire l’antibiogramma e determinare l’adesività dei germi alle cellule della mucosa vescicale. Si è visto che il succo di mirtillo riduceva in modo significativo la capacità dei batteri di aderire all’epitelio vescicale, senza peraltro produrre su di essi azione litica o comunque danni microscopicamente evidenti (20B).Uno studio clinico controllato ha valutato gli effetti di alcune preparazioni a base di mirtillo sulle infezioni delle vie urinarie nella donna. Sono state arruolate 150 donne sessualmente attive, di età compresa tra i 21 e i 72 anni, che assumevano per os 150 mg. di estratto secco di mirtillo o 250 ml. di succo di mirtillo o un placebo per 1 anno. La valutazione era fatta valutando il numero di episodi cistitici e il consumo di antibiotici durante l’anno della sperimentazione. Al termine dello studio si è visto che sia l’estratto secco sia il succo di mirtillo riducevano il numero di fatti infettivi del 20% e del 18% rispettivamente. Il costo annuo della terapia era di 624$ per l’estratto secco e di 1400$ per il succo. Il consumo di antibiotici era significativamente inferiore nei due gruppi verum rispetto al gruppo placebo. Lo studio indica che sia l’estratto secco sia il succo di mirtillo sono efficaci nelle infezioni delle vie urinarie, anche se l’estratto secco è molto più conveniente dal punto di vista economico (28).Uno studio clinico controllato ha indagato l’effetto dell’estratto di mirtillo nell’eliminare o ridurre la batteriuria e la piuria in pazienti affetti da lesioni del midollo spinale. Sono stati arruolati pazienti con lesione del midollo spinale e vescica neurogena trattata con cateterizzazione intermittente, che soffrivano di ricorrenti episodi di cistite batterica con almeno 10(5) colonie per ml. di urina. Ciascun paziente era trattato con 2 g./die di succo liofilizzato di cranberry in capsule o con un placebo per 6 mesi, eseguendo l’urinocoltura pre terapia e poi ogni mese fino al termine dello studio. Non sono state notate differenze significative tra il gruppo verum e quello placebo per quanto riguarda il tipo di batteri coinvolti, il numero di colonie per ml, il numero di leucociti urinari, il pH delle urine e i sintomi causati dalla malattia. Lo studio conclude affermando che il succo liofilizzato di cranberry non è migliore del placebo nel trattamento delle cistiti batteriche ricorrenti in pazienti con lesioni del midollo spinale (35).E’ noto che i pazienti cateterizzati vanno spesso incontro ad infezioni urinarie, e che la causa principale di ciò è la formazione di biofilm sul catetere da parte dei germi patogeni. Uno studio ha dimostrato che la somministrazione di succo di cranberry a pazienti cateterizzati riduceva in modo significativo la formazione del biofilm e quindi l’incidenza delle infezioni urinarie in questi pazienti (36).Uno studio clinico controllato ha indagato se il succo di mirtillo fosse efficace nel ridurre le infezioni urinarie in pazienti anziani ospedalizzati. Sono stati arruolati 376 pazienti, che ricevevano per os 300 mg/die di succo di cranberry o un placebo per 3 mesi. Si valutavano il numero di infezioni urinarie, il consumo di antibiotici e i batteri responsabili delle infezioni. Al termine della sperimentazione 21 pazienti avevano avuto almeno una infezione delle vie urinarie, di cui 14 nel gruppo placebo e 7 in quello verum, con un minor numero in questo gruppo di infezioni da Escherichia coli. Lo studio indica che il succo di cranberry potrebbe essere utile nella prevenzione delle cistiti, ma sono necessari studi di più ampia dimensione per dimostrarlo con certezza (38).Uno studio clinico controllato ha indagato l’effetto del succo di mirtillo sulle infezioni nasofaringee e sulla flora batterica intestinale nel bambino. Sono stati arruolati 340 bambini, con età media di 4,3 anni, che ricevevano per os il succo di mirtillo o un placebo per 3 mesi. Si raccoglievano campioni del secreto nasofaringeo per analizzare la presenza e il tipo di batteri in esso esistenti e si valutavano i livelli di acidi grassi nelle feci come indice delle variazioni della flora batterica intestinale. Si registrava il numero degli episodi di infezioni respiratorie tramite un diario apposito. Si è visto che il numero e il tipo di batteri presenti nel secreto nasofaringeo non era influenzato dal succo di mirtillo, e così pure il numero e la gravità delle infezioni delle prime vie aeree. Il succo di mirtillo non modificava neppure le popolazioni di batteri intestinali e non causava effetti collaterali degni di nota. Lo studio indica che il succo di mirtillo è attivo sulle infezioni delle vie urinarie ma non su quelle respiratorie nel bambino (40).Uno studio clinico controllato di tipo crossover ha valutato l’efficacia del consumo di succo di cranberry sull’adesività dei batteri alla mucosa vescicale. Sono stati arruolati 20 volontari sani, 10 uomini e 10 donne, che ricevevano a cena 750 ml di una bevanda così composta: 1) 250 ml. di placebo e 500 ml di acqua minerale oppure 2) 750 ml di placebo oppure 3) 250 ml di succo di cranberry e 500 ml di acqua minerale oppure 4) 750 ml di succo di cranberry per 6 giorni, facendo poi un intervallo di 6 giorni e passando in poi ad un altro trattamento (crossover). Si raccoglieva l’urina del mattino per determinare i batteri presenti e la loro adesività. Sono stati isolati 6 ceppi di Escherichia coli, 3 positivi per le fimbrie papC e 3 negativi per le fimbrie papC. Non vi erano differenze significative nel pH e nel peso specifico delle urine tra i vari gruppi studiati. Si è visto che il succo di cranberry riduceva in modo dose dipendente e significativamente l’adesività dei batteri isolati, in particolare in quelli papC positivi ma anche negli altri (42).Uno studio clinico ha valutato se un estratto di cranberry fosse capace di prevenire le recidive delle infezioni urinarie. Sono state incluse 12 donne con una storia di infezioni vescicali ricorrenti, che avevano avuto almeno 6 episodi infettivi nell’anno precedente, che dovevano assumere per os 400 mg/die di un estratto di cranberry titolato in polifenoli totali al 30% per 3 mesi. Si valutava l’incidenza delle infezioni vescicali nei 3 mesi di durata dello studio. Peraltro le donne partecipanti venivano seguite nei due anni successivi, poiché la maggior parte di esse continuava ad assumere l’estratto di cranberry. Si è notato che nei 3 mesi dello studio nessuna delle donne partecipanti ha avuto episodi di cistite, mentre quelle che continuavano per 2 anni l’assunzione dell’estratto avevano una forte riduzione del numero di episodi cistitici. Lo studio conferma che la somministrazione cronica di un estratto secco di cranberry riduce l’incidenza di cistiti nella donna (49).Uno studio ha valutato l’efficacia antibatterica dell’estratto secco di cranberry versus placebo nelle urine di volontari sani. Sono stati arruolati in un primo braccio 8 volontari sani, che ricevevano il cranberry (108 mg) o il placebo per os con un disegno di tipo crossover, con un intervallo di 6 giorni tra un trattamento e l’altro. Dodici ore dopo l’assunzione dell’estratto di cranberry o del placebo si raccoglievano le urine per valutare la presenza in esse dell’Escherichia coli e l’azione antiadesiva del cranberry. Si è visto che il cranberry riduceva significativamente l’adesione dell’Escherichia coli alle cellule epiteliali vescicali (p<0,001) e che l’Escherichia coli era assai meno capace di infettare e uccidere il Caenorhabditis elegans incubato nelle urine dei pazienti trattati con l’estratto in questione. Lo studio conferma che l’estratto di cranberry è efficace nel trattamento delle infezioni urinarie non complicate (55).Uno studio clinico pilota ha valutato l’effetto del succo di cranberry sulla batteriuria sintomatica e su quella asintomatica in 188 donne in gravidanza. Esse erano divise in tre gruppi: 1) succo di cranberry due volte al giorno oppure 2) succo di cranberry al mattino e placebo al pomeriggio e 3) solo placebo per 6 mesi. In questo periodo sono stati registrati 27 episodi infettivi urinari, dei quali 6 si verificavano nel gruppo 1, 10 nel gruppo 2 e 11 nel gruppo 3. Nel gruppo 1 vi era una riduzione del 57% dell’incidenza della batteriuria asintomatica e del 41% di quella sintomatica. Il 38,8% dei soggetti ha dichiarato di aver avuto disturbi gastrointestinali di vario tipo durante il trattamento. Lo studio indica che il succo di cranberry può ostacolare l’insorgenza delle infezioni urinarie nella donna in gravidanza (56).
Uno studio clinico controllato ha paragonato l’effetto di un estratto di cranberry a quello del trimetoprim a basso dosaggio nella prevenzione delle infezioni vescicali ricorrenti in donne anziane. Sono state reclutate 137 donne avevano avuto due o più episodi di infezione urinaria negli ultimi dosici mesi, che dovevano assumere per os 500 mg/die di estratto di cranberry o 100 mg/die di trimetoprim per 6 mesi. Al termine dello studio 25 pazienti del gruppo cranberry avevano dovuto essere trattate con un antibiotico contro 14 pazienti del gruppo trimetoprim, con una differenza tra i due gruppi statisticamente poco significativa (p<0,084). Il periodo per il verificarsi di una nuova infezione vescicale era analogo nei due gruppi. Il tempo medio di ricorrenza di un’infezione vescicale era di 84,5 giorni nel gruppo cranberry e di 91 giorni in quello trimetoprim. Le pazienti che abbandonavano lo studio per il verificarsi di eventi avversi rilevanti erano il 9% nel gruppo cranberry e il 16% in quello trimetoprim. Lo studio mostra che un estratto di cranberry ottiene un effetto simile a quello del trimetoprim nella prevenzione delle infezioni ricorrenti vescicali (60).
Azione antiaggregante piastrinica: gli antocianosidi inibiscono sia in vitro sia in vivo l'aggregazione piastrinica indotta dall'ADP, dal collageno e dall'acido arachidonico e stimolano la produzione e l'attività biologica della prostaglandina I2 (PGI2) a livello delle pareti dei capillari. Sono anche degli inibitori della fosfodiesterasi deputata alla demolizione dell'AMP ciclico, con conseguente aumento di questa importante sostanza, il che potrebbe spiegare in parte l'inibizione dell'aggregazione piastrinica. Infatti ciò aumenta la concentrazione intracellulare del calcio e ne riduce quella extracellulare, che è molto importante per il verificarsi dell'aggregazione delle piastrine. Inoltre le antocianine sarebbero in grado di inibire i sistemi enzimatici che presiedono alla sintesi del trombossano A2, che è essenziale per i fenomeni aggregativi.
Azione cardioprotettiva e capillaroprotettiva: è stata anche dimostrata la capacità degli antocianosidi di ostacolare l'azione dell'angiotensina II sulla parete vascolare, e inoltre essi sembrano in grado di indurre vasodilatazione in svariati distretti arteriosi, in particolare su quelli splenico e coronarico. Questa azione non è dovuta ad un meccanismo di tipo beta adrenergico, bensì ad un aumento della liberazione delle prostaglandine ad azione vasodilatatoria, in particolare prostaciclina (PGI2), prodotte dall'endotelio vasale. Inoltre gli antocianosidi potenziano la vasodilatazione coronarica indotta dall'adrenalina, verosimilmente inibendo l'attività dell'enzima catecol-O-metil-transferasi, responsabile della metilazione delle catecolamine e quindi del loro catabolismo, analogamente a quanto sono in grado di fare rutina e quercetina. Il Mirtillo aumenta inoltre la motilità del microcircolo arterioso a livello cutaneo e della muscolatura striata, e questo effetto è importante per la redistribuzione del flusso sanguigno microvascolare e per la formazione del liquido interstiziale. Il fitocomplesso del mirtillo pare in grado di proteggere il microcircolo artero-venoso, come dimostrato da studi fatti inducendo ischemia e poi riperfusione in tessuti di cavia in vivo. In queste condizioni si osserva un netto aumento del numero di leucociti aderenti alle pareti dei vasi e un netto incremento della permeabilità degli stessi, eventi che sono notevolmente antagonizzati dall’estratto secco di mirtillo. In tali condizioni esso si dimostra anche capace di svolgere azione tonico-trofica sulle cellule endoteliali e di incrementare il flusso sanguigno nei capillari interessati. L'ossidazione delle LDL favorisce l'accumulo del colesterolo nelle foam cells tipiche degli ateromi e genera gli ossisteroli, che sono molto citotossici, e questi fenomeni vengono ostacolati dal fitocomplesso del Mirtillo. Studi in vitro hanno evidenziato che il fitocomplesso del mirtillo è in grado di ridurre l'ossidazione delle LDL indotta dal solfato di rame, come dimostrato dalla diminuzione della produzione di acido tiobarbiturico e della migrazione elettroforetica delle LDL. Pertanto si potrebbe concludere che, siccome il danno ateromasico dell'intima arteriosa richiede la presenza di LDL ossidate, i polifenoli presenti nella dieta e in molte droghe vegetali siano capaci di ridurre tale perossidazione esercitando in tal modo azione protettiva contro le lesioni di tipo aterosclerotico dei vasi sanguigni.Anche nella rielaborazione dei dati del Seven Countries Study, l'assunzione dei polifenoli è risultata essere inversamente correlata con la mortalità per malattie cardiovascolari, contribuendo a spiegare circa il 25% della varianza nelle 16 coorti osservate. Risultati simili sono stati ottenuti dallo studio effettuato a Zutphen (Olanda), dove i soggetti di questa località sono stati seguiti per 5 anni allo scopo di valutare la loro mortalità cardiovascolare in seguito all'ingestione di una dieta particolarmente ricca di verdura e frutta crudi e quindi contenente buone quantità di polifenoli. Uno studio in vitro ha indagato l’effetto delle antocianidine del mirtillo e dell’acido idrossicinnamico sul danno indotto dal TNF alfa a livello dell’endotelio dei microvasi. Si è notato che le sostanze in esame erano capaci di localizzarsi nelle cellule endoteliali, riducendo così la vulnerabilità al danno radicalico a livello sia membranario sia citosolico. Inoltre essi riducevano la upregulation di svariati mediatori infiammatori (interleuchina 8, MCP-1 e ICAM-1) indotta dal TNF alfa e coinvolta nell’afflusso dei leucociti verso le zone di danno o di infiammazione a livello dell’endotelio. Uno studio clinico controllato ha valutato l’effetto di un succo ipocalorico di cranberry sull’assetto lipidico di pazienti obesi maschi con obesità di tipo addominale. Sono stati arruolati 30 pazienti, di età media di 51 anni, che consumavano il succo di cranberry alle dosi di 125 ml/die per 10 giorni, poi di 250 ml/die per 10 giorni e infine di 500 ml/die per altri 10 giorni. Si misuravano i parametri dell’assetto lipidico pre e post terapia. Si è notato che dopo il consumo della dose di 250 ml/die e ancor più al termine dello studio il colesterolo HDL aumentava del 14% (p<0,001), con un evidente calo dei livelli plasmatici di apoA1 (p<0,0001) e di trigliceridi (p<0,005). Non vi erano modificazioni significative del colesterolo totale e di quello LDL. Lo studio indica che il consumo di succo ipocalorico di cranberry aumenta significativamente il colesterolo HDL in soggetti maschi con obesità addominale, potendo in tal modo svolgere un effetto cardioprotettivo (44).
Azione fleboprotettiva: questa azione si spiegherebbe col fatto che le antocianine si sono dimostrate capaci di inibire l'attività di alcuni enzimi proteolitici deputati alla distruzione del collageno, quali le elastasi e le collagenasi, rendendo in tal modo il connettivo più stabile ed elastico. Inoltre gli antocianosidi agiscono sulla membrana basale della parete dei vasi sanguigni, diminuendo il livello delle glicoproteine ivi accumulate, e favorendo così la normalizzazione della resistenza e dell'elasticità della parete vasale.
Azione sull'occhio: è noto da tempo che gli estratti di mirtillo sono in grado di acuire la visione notturna. Infatti essi facilitano la rigenerazione della rodopsina, che è il pigmento retinico essenziale per la visione in condizioni di scarsa luminosità. In particolare essi agiscono sull'enzima lattato-deidrogenasi retinica aumentandone l'attività e incrementando in tal modo la rigenerazione dei pigmenti retinici. La loro utilità a livello oculare non si limita però solo a questo; infatti essi si sono dimostrati capaci di combattere la fragilità e l'iperpermeabilità vasale, mostrando quindi un'azione antiedemigena e capillaroprotettiva, ormai ben dimostrata sia a livello del microcircolo retinico sia di quello periferico.
Studi clinici.Studi clinici in doppio cieco versus placebo dimostrano che gli antocianosidi del Mirtillo riducono i danni al microcircolo retinico in modo statisticamente significativo rispetto al placebo in pazienti affetti da retinopatia ipertensiva e/o diabetica. Ricerche effettuate su soggetti adulti diabetici hanno dimostrato che la somministrazione per os di 600 mg/die di estratto secco di mirtillo provoca una significativa riduzione della sintesi del connettivo, in particolare sul collageno polimerico e sulle glicoproteine di struttura. Siccome una delle cause principali della retinopatia diabetica è l'aumentata produzione di connettivo, gli antocianosidi possono essere utili per prevenire la retinopatia diabetica.Una metanalisi clinica ha raccolto gli studi clinici sull’effetto oculoprotettivo del mirtillo. Sono stati selezionati 30 studi di qualità accettabile, dei quali 12 erano in doppio cieco versus placebo. I 4 studi più recenti erano tutti studi clinici controllati e fornivano risultati al limite della significatività statistica. Sette altri studi indicavano una superiorità dell’estratto di mirtillo nel favorire la visione notturna. 11 lavori su 12 hanno indagato l’effetto del mirtillo su soggetti apparentemente sani e senza problemi visivi, nei quali è difficile stabilire la presenza di un effetto clinico di questa droga. Non ci sono studi credibili sull’effetto dell’estratto di mirtillo in pazienti con alterazioni della visione notturna e/o con retinopatia su base vascolare. I dati ottenuti su animali con problemi di questo tipo sembrano incoraggianti, per cui sarebbe opportuno condurre studi clinici controllati in pazienti con problemi visivi (29).
Farmacocinetica: la biodisponibilità assoluta è piuttosto scarsa essendo in media l'1,2% del totale somministrato, ma i livelli plasmatici raggiunti (2-3microg/ml) paiono sufficienti per avere un'attività terapeutica. Dopo somministrazione orale l'assorbimento è rapido, raggiungendo il picco ematico in 15 min., anche se l'assorbimento è modesto (in media 4-5%). Gli antocianosidi vengono eliminati sia per via epatica sia per via renale. Il tempo di eliminazione dal plasma degli antocianosidi è di circa 2 ore. Peraltro la persistenza degli antocianosidi nella cute e nella retina è decisamente prolungata, il che giustifica la loro azione capillaroprotettiva a livello cutaneo e retinico.
Indicazioni principali: fragilità capillare, in particolare a livello del microcircolo retinico, insufficienza veno-linfatica, infezioni delle vie urinarie inferiori in particolare vescicali, diarrea.
Azione prevalente: capillaroprotettiva e antiossidante.
Altre azioni: antiaggregante piastrinica, cardioprotettiva, anti-infettiva urinaria, antidiarroica.
EFFETTI COLLATERALI: nessuno degno di nota.
CONTROINDICAZIONI: è stato fatto uno studio su 5 volontari sani, che assumevano per os estratto secco di mirtillo titolato in antocianosidi al 23% alla dose di 60 mg/die per 7 giorni. La valutazione era fatta misurando nelle urine i seguenti parametri: pH, volume, creatinina, ossalati, calcio, fosfati, acido urico, sodio, citrato, magnesio e potassio pre e post terapia. Si è visto che tutti i soggetti mostravano, al termine della sperimentazione, un significativo (p<0,01) aumento dei livelli urinari di ossalati, con un incremento inferiore ma sempre significativo (p<0,05) del contenuti di calcio, fosfati e sodio. Questi risultati indicano che l’estratto di mirtillo può favorire la formazione di calcoli renali da ossalati e da fosfati di calcio, per cui va usato con cautela in pazienti con storia clinica di nefrolitiasi (30).Uno studio clinico controllato ha indagato l’effetto del succo di mirtillo sulla formazione dei calcoli di ossalato e non concorda coi risultati della sperimentazione suesposta. Sono stati arruolati 20 volontari sani, senza episodi pregressi di nefrolitiasi. 10 soggetti bevevano 500 ml/die di succo di mirtillo per 2 settimane e 10 ingerivano 2000 ml/die dello stesso succo sempre per 2 settimane. Si faceva poi un wash out di 2 settimane, al termine del quale i soggetti del primo gruppo facebano il trattamento del secondo e viceversa. Si valutava la presenza di ossalato di calcio, di fosfato di calcio e di acido urico nelle urine. Si è visto che il succo di mirtillo causava un calo dell’escrezione dei fosfati e degli ossalati di calcio e un aumento dell’escrezione dei citrati nelle urine. I dati di questo studio indicano che il succo di mirtillo ha addirittura un’azione antilitogenica (31).
INTERAZIONI FARMACOLOGICHE: Gli studi più recenti indicano che il succo e l’estratto di cranberry possono potenziare l’effetto anticoagulante del warfarin, potendo quindi causare seri problemi emorragici. Pertanto l’utilizzo di questi prodotti in pazienti in terapia anticoagulante va fatto sotto stretto controllo medico (46).Uno studio in vitro ha esaminato se il succo di cranberry potesse inibire l’attività della nifedipina ossidasi mediata dalla CYP3A in microsomi epatici umani o intestinali di ratto. Si è visto che questo succo era un potente inibitore dell’attività della CYP3A, dato che la preincubazione col 10% vol/vol di succo di cranberry e con 1 mM di NADPH per 10 minuti causava un’inibizione significativa dell’ossidazione della nifedipina. Negli animali trattati col succo di cranberry la AUC della nifedipina era di circa 1,6 volte più alta quando il succo veniva somministrato 30 minuti prima del farmaco suddetto. Peraltro il tempo di permanenza nel plasma, il volume di distribuzione e la costante di eliminazione della nifedipina non venivano modificate dal succo di cranberry. Lo studio indica che il succo di cranberry inibisce il metabolismo della nifedipina mediato dalla CYP3A sia nel ratto sia nell’uomo (47).Uno studio clinico ha valutato la potenziale interferenza tra il succo di cranberry e il warfarin. Sono stati arruolati 7 soggetti affetti da fibrillazione atriale trattati con warfarin da almeno 3 mesi, che dovevano assumere per os 250 ml di succo di cranberry o un succo placebo per 7 giorni. Si misurava il tempo di protrombina preterapia e dopo 2, 4, 7, 10, 14, 16, 18, 21 e 24 giorni. Il valore basale di INR era di 2,28 nel gruppo verum e 2,13 in quello placebo. Al termine dello studio si è visto che il valore dell’INR non si modificava apprezzabilmente in nessuno dei due gruppi studiati, indicando che il succo di cranberry non interferisce apprezzabilmente con il warfarin (48).
TOSSICOLOGIA: negli studi effettuati sugli animali non è stato finora possibile raggiungere la LD50 per via orale.
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