Schemi di terapia della CSSP III a/b - Fitoprostata.net

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La prostatite
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Schemi di terapia: Prostatite Cronica
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Schemi terapia:Prostatite IV

Un capitolo a parte è rappresentato dalla cosiddetta «prostatite non batterica CPSS , sindrome nella quale non si riesce ad isolare alcun batterio  usualmente implicato in queste condizioni e che, secondo alcuni, è legata inveco ad un gruppo di patogeni come C. trachomatis e Micobatterio  hominis.
Sebbene molto ricerche non abbiano posto in evidenza alcun ruolo etiologico di questi microrganismi e, di conseguenza, molti Autori considerino questa sindrome come non infettiva, sta di fatto  che in alcune condizioni un trattamento con doxiciclina (Tetracicline o con macrolidi ottiene un risultato positivo e deve probabilmente essere tentata in mancanza di altri dati diagnostici).
Prostatite cronica – Sindrome dolorosa pelvica cronica, infiammatoria- Categoria IIIa
Nonostante le prostatiti di categoria III secondo la classificazione NIH siano per definizione abatteriche, si procede ugualmente alla somministrazione di farmaci antibatterici che produce un miglioramento significativo della sintomatologia.
L’impiego degli antibiotici  è stato inoltre recentemente raccomandato in letteratura per la terapia delle prostatiti croniche di categoria IIIa  per periodi variabili tra le 2 e le 4 settimane. Agli antibatterici si associano, come nel caso delle prostatiti batteriche croniche, farmaci alfa-bloccanti e antinfiammatori. Il trattamento ha durata variabile. Va ricordato che, per l’eziologia di difficile identificazione e per la complessità delle manifestazioni sintomatologiche, le sindromi dolorose pelviche croniche possono non essere caratterizzate da un miglioramento clinico che corrisponde a  soddisfacente successo terapeutico;
L’urologo però deve avere sempre davanti il fine di  attenuare i sintomi e  migliorare la qualità della vita.
E’ comunque descritta una  spontanea attenuazione dei sintomi nel tempo.
Dati di letteratura indicano che le probabilità di successo (eradicazione completa dei patogeni infettanti) variano tra il 60 e il 95% nel caso della prostatite cronica batterica

Nelle tabelle seguenti alcuni schemi di terapia proposti.
SCHEMI DI TERAPIA

Schema 1
Prostatite cronica
Categoria IIIa
Sindrome dolorosa pelvica cronica
Antibiotico
Dosaggio
Durata terapia
Chimono cpr
 1  cpr  al di
    20 giorni
Trozocina cpr (macrolide)
1 cpr al di pre tre giorni
Ogni 15 giorni (almeno tre cicli)
Tamsulosina cps
cps alle ore 10
    90 giorni


 1 cpr ogni 12 ore
(meglio 2 cpr alla sera prima di andare al letto dopo aver urinato)

1busti ogni 12 ore
    60  giorni
  

60 giorni
Paroxetina gocce*
10 gtt al di  
90 giorni
Ansiolin gocce *
5 gocce sublinguali ore 8.00 -14.00 20.00
30 giorni
* L'utilizzo dell'antidepressivo e dell'ansiolitico  sono documentati in quelle forme di stress che causa una contrattura costante dei muscoli del pavimento pelvico ostacolando il deflusso venoso prostatico.
Schema 1 Prostatite cronica
Categoria IIIa
Sindrome dolorosa pelvica cronica con calcificazioni prostatiche
Si aggiunge l'antiossidante
Antibiotico
Dosaggio
Durata terapia
Chimono cpr
 1  cpr  al di
    20 giorni
Trozocina cpr
1 cpr al di pre tre giorni
Ogni 15 giorni (Tre cicli)
Tamsulosina cps
cps alle ore 10
    90 giorni
 1 cpr ogni 12 ore

1 bustina  ogni 12 ore
    45  giorni
 
 60 giorni

1cpr al di


1 cpr al di
rigorosamente a digiuno

90 giorni


90 giorni
Litores bustine
oppure
Bromelit bustine

  
  1 bustina ogni 12 ore


90 giorni
...........perchè l'uso degli antiossidanti ?
Gli antiossidanti in aiuto alle patologie infiammatorie degenerative
Gli antiossidanti stanno conquistando un notevole successo nel trattamento delle prostatiti croniche . Il principio è quello di considerare l'infiammazione cronica come una potente sorgente di radicali liberi che producono invecchiamento del tessuto prostatico.
E' per questo che nelle terapie delle prostatiti sono entrati a far parte, come coadiuvanti delle terapie, gli amtiossidanti.Propoli complex è uno di questi, facente parti della  terapia per le prostatiti.
Meccanismi biologici dell'infiammazione
L'infiammazione è un processo reattivo verso agenti patogeni di qualsiasi natura attraverso cui l'organismo si difende, innescando i processi del sistema immunitario (3). L'ultimo obiettivo del processo infiammatorio è di liberare l'organismo da ogni entità che generi danno cellulare (ad esempio i microorganismi, le tossine, ecc.) o dagli effetti del danno stesso (ad esempio le cellule morte ed i tessuti necrotici). L'infiammazione distrugge, diluisce o contiene l'agente nocivo ed allo stesso tempo innesca una serie di eventi che riparano e ricostituiscono il tessuto danneggiato.
Una funzione critica dell'infiammazione è il reclutamento, nel sito danneggiato, delle cellule del sistema immunitario, i leucociti. Questo fenomeno, chiamato chemiotassi, si verifica tramite l'incremento locale del flusso ematico e attraverso mutamenti strutturali dei microvasi. I leucociti ingeriscono gli agenti tossici, uccidono i microorganismi, degradano il tessuto necrotico e gli antigeni estranei. Liberando enzimi, mediatori chimici e radicali dell'ossigeno o dell'azoto, i leucociti sostengono l'infiammazione e, oltre a ricoprire un ruolo effettore protettivo possono, in alcuni casi, indurre danni nei tessuti circostanti. Infatti, nel caso in cui, a causa di un alterato meccanismo regolatorio, lo stato infiammatorio si prolunghi, l'infiammazione può diventare nociva e risultare implicata nella patogenesi di numerose malattie. Più in dettaglio, l'infiammazione può essere definita di tipo acuto o cronico. L'infiammazione acuta rappresenta la risposta immediata ad un agente dannoso, è di durata relativamente breve (va da minuti ad alcuni giorni) ed è principalmente caratterizzata dalla formazione dell'edema e dalla migrazione dei leucociti, in prevalenza granulociti neutrofili. L'infiammazione cronica, che è generalmente il risultato di stimoli persistenti, è di durata più lunga ed è caratterizzata, dal punto di vista istologico, dalla presenza di altri tipi di cellule leucocitarie (linfociti e macrofagi), dalla proliferazione dei vasi sanguigni e dalla fibrosi o dalla necrosi del tessuto. In alcuni casi l'infiammazione cronica può essere preceduta da una fase iniziale di infiammazione acuta, altre volte inizia in maniera asintomatica e con un'intensità ridotta. L'infiammazione cronica può verificarsi in seguito ad infezioni persistenti dovute a microorganismi che riescono a sfuggire al controllo del sistema immune, come ad esempio il Mycobacterium tuberculosis (agente eziologico della tubercolosi) o il Treponema pallidum (che causa la sifilide); in seguito all'esposizione prolungata ad agenti potenzialmente tossici di origine esogena o endogena, oppure a causa di fenomeni di autoimmunità. Le cellule coinvolte nell'infiammazione cronica vengono reclutate nel sito dell'infiammazione, si attivano e rilasciano innumerevoli fattori solubili che mediano il danno e la fibrosi del tessuto. Tali molecole svolgono un ruolo chiave nell'inizio e nell'esecuzione della risposta infiammatoria e tra le loro funzioni principali vi è l'induzione della dilatazione dei vasi, la chemiotassi, l'adesione e l'attivazione dei leucociti, la tossicità diretta nei confronti del microrganismo invasore, la proliferazione dei fibroblasti, la deposizione del collagene e l'angiogenesi (4, 5). Di grande rilevanza fra questi mediatori sono le citochine, molecole di natura proteica, che agiscono anche a bassissime concentrazioni, interagendo mediante legami ad alta affinità con recettori specifici espressi sulle cellule bersaglio. Le citochine mediano la comunicazione intercellulare intervenendo nell'indirizzo, nella regolazione e nella terminazione dei processi infiammatori. Esse costituiscono una trama complessa di relazioni e, dalla loro reciproca regolazione, dipende l'esito finale dei processi biologici che vengono regolati. Un aspetto importante è legato alle quantità di mediatori solubili che vengono prodotti in risposta ad uno stimolo. Ad esempio, il rilascio extracellulare di bassi livelli di una citochina proinfiammatoria, può aumentare l'espressione di altre citochine e delle molecole di adesione per i leucociti, tutti fattori che amplificano la cascata infiammatoria; al contrario, livelli elevati di essa, possono danneggiare cellule o tessuti.
Per finire, poiché le citochine rappresentano degli strumenti estremamente efficaci nelle risposte immunitarie, che possono rivelarsi anche armi pericolose, esiste in natura un complesso sistema atto a regolarne finemente l'attività. Le citochine ad esempio, possono essere prodotte in una forma immatura che viene attivata tramite il taglio operato da specifici enzimi rilasciati solo in determinate condizioni; possono esistere dei recettori solubili, oppure delle proteine dalla funzione analoga, che legandosi alla citochina bersaglio, ne neutralizzano l'azione impedendo che si leghi ai recettori di membrana; inoltre possono esistere delle molecole con la funzione di antagonisti recettoriali che, legandosi al recettore specifico, impediscono il legame della citochina e l'innesco degli eventi biologici che essa influenza. Queste e molte altre forme di controllo dell'attività di una citochina rappresentano un sistema di sicurezza attraverso il quale l'organismo si tutela dalla possibile azione nociva di queste molecole.
Radicali liberi e prostatite
I radicali liberi sono quindi molecole o frammenti di molecole che sottraggono ossigeno stabilmente dai tessuti, legandosi ad esso e rendendolo inutilizzabile da parte delle cellule.
L'ossigeno è un potente agente battericida.
Determinano cioè una perossidazione degli acidi grassi poliinsaturi che costituiscono le membrane cellulari, nè determinano una ridotta fluidità di membrana e ne compromettono l’attività cellulare.
Volendo in senso figurato rappresentare la loro azione, i radicali liberi, sono soldati nemici che attaccano le mura difensive di una città (la membrana cellulare) . Piano piano questi soldati tolgono mattoni a queste mura si da disgregare con il tempo la struttura portante. Le mura che proteggono la città crollano e la città senza difese viene distrutta.
La cellula pertanto senza difese e senza possibilità di scambiare sostanze con l’esterno compromette la sua attività sviluppando a seconda dell’organo interessato l'invecchiamento cellulare.
Come si formano i radicali liberi ?
IN CONDIZIONI NORMALI DI SALUTE, un incremento di radicali liberi si ha per esempio facendo sport o facendo sforzi muscolari. Infatti se una persona non è sotto sforzo consuma meno ossigeno e quindi effettua una produzione “normale” di radicali liberi. Se la stessa persona corre, fa sport, consumando più ossigeno produce più radicali liberi.
Questi valori elevati si riscontrano anche in chi è sottoposto a stress psico-fisico, in chi è esposto a inquinamento ambientale, al fumo di tabacco, alle radiazioni solari, in chi non segue un bilanciato regime alimentare, in chi abusa dell’alcol.
CONDIZIONI PATOLOGICHE: Quasi tutte le patologie hanno valori al di sopra della norma di radicali liberi, come per esempio le patologie allergiche, quelle flogistiche croniche come ad esempio l’artrite reumatoide, la prostatite batterica cronica; poi l’Alzheimer,la sclerosi laterale amiotrofica SLA, la stenosi della carotide, l’ipertensione, il diabete e molte altre.. In queste patologie, la terapia utile alla specifica patologia non mette alla normalità i radicali liberi, è per questo importante fare una terapia adatta ai radicali liberi con terapia antiossidante

Come si difende l'organismo dai radicali liberi ?
L’organismo sano ha la capacità di difendersi dai radicali liberi emessi durante un processo infiammatorio e non , attraverso dei meccanismi che chiameremo propri dell’organismo umano (endogeni) o esterni all’organismo (esogeni).Quelli esogeni, propri dell'organismo sono sistemi enziamatici detti
Superossidodismutasi
(La SOD è un enzima ad azione antiossidante presente nelle cellule del nostro organismo. È in grado di catalizzare (facilitare) la trasformazione dei radicali dell’ossigeno (sostanze altamente pericolose per le strutture cellulari) in perossido d’idrogeno (l’acqua ossigenata) che è a sua volta pericoloso e può dare origine ad altri radicali; grazie all’enzima catalasi *, il perossido di idrogeno si trasforma in acqua.Ha attività antiossidante se assunta per via orale. Cura l’artrite e il cancro. Cura gli effetti collaterali delle radiazioni. Effetti collaterali – Shock anafilattico nelle forme iniettabili. Sovradosaggio – Nessun caso segnalato.A chi serve Le forme orali sono inutili poiché la SOD presa oralmente viene distrutta a livello intestinale ancor prima di essere assorbita. Le forme iniettabili vanno usate solamente sotto stretto controllo medico. Relativamente all'azione ossidante, si consiglia di ricorrere ad altre sostanze, più facili da assumere, con efficacia certa e con avvertenze di minor entità, tipo il Coenzima Q
• Catalasi Trasforma in acqua il perossido di idrogeno.
Allo stato libero l'acqua ossigenata (perossido di idrogeno) ed altri perossidi, sono tossici su importanti funzioni vitali delle cellule. Da H2O2 si formano due radicali idrossilici OH-, che sono tra i radicali liberi piu' pericolosi e reattivi. La catalasi libera anche molecole di O2 nel tessuto, detergendo le ulcere e le ustioni, favorendone la cicatrizzazione e stimolando la produzione di fibroplasti e la rivascolarizzazione.In farmacia si trova la catalasi equina, Citrizan gel, usata per il trattamento di ferite e ustioni.
Glutatione per ossidasi
Denaturasi
Ac. Lipoico

Molecole chelanti i metalliAlbumina, Ferritina, Transferrina, Ceruloplasmina
Quelli endogeni, si introducono con la dieta e sono gli antiossidanti (Vitamina E) ed i grassi poliinsaturi, detti omega 3. (Gli acidi grassi poliinsaturi hanno importanti ruoli strutturali e metabolici, e come è noto sono utili nella prevenzione di dismetabolismi lipidici e dell'aterosclerosi e nei processi infiammatori in generi). Per le loro caratteristiche hanno un'aumentata necessità di protezione dalle perossidazioni.È opportuno perciò, nei casi di elevate assunzioni di acidi grassi poliinsaturi, aumentare l'apporto di tocoferoli (Vit E) o di altri antiossidanti (Coenzima Q) a protezione delle perossidazioni. Di recente ingresso è il Picnogen   derivante dall'associazione degli effetti dei flavonoidi della galangina presenti nella propoli, associate a potenti antiossidanti come il  resvetrarolo, mangostano, pino massoniano , alka klamath e del mirtillo ad alti dosaggi. (Mirtiman cpr)

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